Un respiro contemporaneo per uno dei capisaldi della pedagogia moderna
Mercoledì 21 marzo esce in tutte le librerie, per la collana Le Staffette delle Edizioni Gruppo Abele, la nuova edizione di Pedagogia degli oppressi, di Paulo Freire, a cinquant’anni dalla pubblicazione originale di Pedagogia do oprimido nel 1968.
Perché una nuova edizione?
«L’obiettivo centrale di Pedagogia degli oppressi di Freire e quello di risvegliare negli oppressi conoscenza, creatività e capacità critiche riflessive costanti: queste sono necessarie a svelare, demistificare e comprendere i rapporti di potere che causano l’emarginazione degli oppressi e la loro oppressione». Così commenta Donaldo Macedo, dell’Università del Massachusetts di Boston, nell’introduzione all’edizione del cinquantesimo anno di un’opera centrale per il pensiero freiriano.
La nuova edizione affianca all’opera originale un corposo insieme di riflessioni e materiale di pedagogisti contemporanei formatisi nella scuola pedagogica freiriana. Oltre alla già citata nuova introduzione firmata da Donaldo Macedo, amico e collega di Paulo Freire, il volume contiene una postfazione di Ira Shor del College di State Island (Cuny, USA). A concludere, nove interviste a pedagogisti di fama internazionale che evidenziano il respiro fortemente contemporaneo del pensiero di Freire: Marina Aparicio Barberán, Noam Chomsky, Gustavo E. Fischman, Ramón Flecha, Ronald David Glass, Valerie Kinloch, Peter Mayo, Peter McLaren e Margo Okazawa-Rey.
Chi educa chi?
Cosa significa educare? Chi educa chi? Quali rapporti esistono tra educazione e società e tra educazione e cambiamento? A cinquant’anni dall’uscita di Pedagogia degli oppressi, concluso da Paulo Freire nel 1968 (anno, come il libro, di radicalità e di liberazione), le domande restano prepotentemente attuali. E le risposte di Freire, ispirate al principio fondamentale che non c’è educazione se non attraverso la liberazione degli uomini dall’oppressione, continuano a essere un punto di riferimento nel mondo. Per questo una nuova edizione, con il corredo di una introduzione e di una postfazione attualizzanti e di brevi interviste a studiosi contemporanei, non è il semplice ripescaggio di un classico. Come scrive Gustavo E. Fischman in una delle interviste, «L’effetto principale del lavoro di Freire credo sia stato quello di aver dimostrato che il perseguire anche brevi esperienze di scuola democratica – in una singola classe, fuori o dentro la scuola, con bambini o adulti – è di per sé un valore. Tali esperienze insegnano a educatori e studenti ad aspettarsi di più da se stessi e inoltre a collegare gli atti individuali e sociali agli obiettivi dell’uguaglianza e della solidarietà». Oggi come cinquant’anni fa.
L’autore
Paulo Freire (1921-1997) è stato uno dei più autorevoli pedagogisti del XX secolo, studiato e tradotto in tutto il mondo. Nato e vissuto in Brasile, dopo il colpo di Stato militare del 1964 fu dapprima imprigionato e poi costretto all’esilio in Cile, Stati Uniti e Svizzera. Rientrato in patria nel 1980 affiancò all’insegnamento e allo studio una intensa attività politica. Tra le sue opere, oltre a Pedagogia degli oppressi, Pedagogia dell’autonomia (Edizioni Gruppo Abele, Torino, 2014) e Pedagogia della speranza (Edizioni Gruppo Abele, Torino, 2014).