Editoriale

Paulo Freire, cento anni di provocazioni e innovazioni

Editoriale centenario freire

Paulo Freire (19 settembre 1921 – 2 maggio 1997) ha interrogato e innovato profondamente la riflessione e le pratiche educative della seconda metà del ‘900. Sin dalle pionieristiche esperienze di alfabetizzazione con adulti, condotte nei primi anni ’60 nel Nord–est brasiliano, e successivamente attraverso interventi in diversi continenti (America Latina, Africa, Europa) e riflessioni teoriche, sono emersi con evidenza alcuni riferimenti oggi considerati imprescindibili nel campo dell’educazione degli adulti e, più in generale, nei processi educativi.

Freire, chi sa e chi non sa

Innanzitutto, risulta fondante – nella prospettiva freiriana – la critica radicale dei modelli educativi definiti come “depositari”, fondati sulla rigida distinzione tra “chi sa” e “chi non sa” e sull’adeguamento passivo di quest’ultimo a contenuti e modalità di apprendimento predefiniti. La critica, certamente non nuova in assoluto in ambito pedagogico, trova in Freire una lucida lettura dei processi culturali, sociali e politici di dominio sottesi alla colonizzazione del sapere da parte delle classi dominanti. L’alternativa è costituita – secondo Freire – da un’educazione che sia critica, problematizzante e dialogica. Definiva l’educazione come un processo di coscientizzazione, che consiste nello sviluppo della coscienza – da parte del soggetto – del proprio rapporto con il mondo. Imparare a leggere e scrivere – come ogni altro apprendimento e ogni alfabetizzazione anche nella contemporaneità – non è, quindi, semplice acquisizione di una capacità ma l’occasione per affrontare il mondo come “problema” per l’uomo.

Il potere della parola

Il soggetto che sviluppa coscienza critica si interroga non solo su come stare “nel” mondo – come accade ad ogni essere vivente – ma su come stare “col” mondo, in un rapporto contraddistinto dallo sforzo attivo per il cambiamento della realtà e il miglioramento delle proprie condizioni esistenziali. La lettura del mondo è, in questa prospettiva, atto preliminare allo stesso apprendimento e condizione basilare perché esso avvenga. Tale lettura implica un ruolo fondamentale della parola che è un ulteriore punto cardine della pedagogia freiriana.

Vi sono, a questo proposito, analogie evidenti con l’importanza attribuita alla parola da don Milani, che negli stessi anni conduceva la propria esperienza educativa a Barbiana. Le parole possedute e pronunciabili esprimono il mondo conosciuto dal soggetto per esperienza e da esse occorre prendere le mosse per ogni apprendimento possibile. L’universo lessicale di una persona, di un gruppo sociale o di una comunità rappresenta il mondo esperito, che costituisce la base fondamentale da cui iniziare il processo educativo di sviluppo della coscienza critica.

Il ruolo dell’educatore

Questo processo di sviluppo va però aiutato e questa è funzione peculiare dell’educatore. Egli accompagna – attraverso il succedersi di continui momenti di codifica e decodifica delle parole e dei significati – il processo di sviluppo della conoscenza.

Tra chi insegna e chi impara si stabilisce, quindi, un legame dialogico di reciprocità, attraverso il quale si scambiano saperi e visioni del mondo. Le domande problematizzanti prevalgono sulle risposte definitorie e falsamente rassicuranti, e lo sviluppo di coscienza critica avviene per interrogazioni della realtà, analisi critica delle situazioni-problema che le condizioni esistenziali esprimono concretamente ogni giorno. Dall’analisi delle situazioni-problema, il processo di coscientizzazione si muove alla ricerca di quelli che Freire definisce temi generatori, cioè gli elementi e le questioni che da un lato costituiscono le cause delle situazioni problematiche, e dall’altro contengono anche le potenzialità della loro trasformazione.

Attraverso questo processo si dispiega un metodo di intervento educativo, sociale e culturale non riducibile al semplice impiego di tecniche e strumenti di alfabetizzazione. Si tratta di metodo nel senso etimologico più autentico del termine, quale strada da percorrere (meta–odòs, in greco) per suscitare apprendimenti e cambiamenti personali e collettivi.

Paulo Freire, una pedagogia politica per cambiare il mondo

Questa profondità metodologica spiega, a mio parere, la durevolezza nel tempo e l’attualità a decenni di distanza dell’approccio pedagogico freiriano, che è stato adottato e “reinventato” per affrontare questioni educative e sociali differenti in molteplici contesti culturali. La pedagogia di ispirazione freiriana si traduce oggi in interventi plurimi in ambito sociale e scolastico, con giovani e con adulti, per affrontare situazioni di discriminazione e oppressione, promuovendo processi di emancipazione e di riconoscimento sociale.

Una caratteristica comune a queste differenti modalità di intervento educativo e sociale è costituita dalla loro esplicita valenza politica. Gli apprendimenti personali, che avvengono in relazione con gli altri, si basano su comprensioni della realtà che ne colgono le variabili di carattere strutturale. Condizioni di ingiustizia e di marginalizzazione trovano spiegazioni, infatti, in cause strutturali di carattere personale, culturale, sociale ma anche politico. Anche gli apprendimenti generativi che sortiscono dai processi educativi di sviluppo della coscienza critica si traducono in azioni concrete che modificano il mondo, ritenuto da Freire in costante modificazione e non statico.

Se l’epoca di maturazione della proposta pedagogica freiriana – gli anni ’60 e ’70 del secolo scorso – era particolarmente favorevole a questo tipo di lettura politica del mondo e dell’educazione, ancora più prezioso pare a me questo lascito oggi, in un’epoca che tende piuttosto ad investire il soggetto di responsabilità individuali mettendo in secondo piano quelle istituzionali e politiche. L’educazione, invece, in quanto modificazione, accrescimento e riconfigurazione di conoscenze, modi di sentire, vedere e agire, è intrinsecamente politica. Essa costruisce mondi possibili e non è destinata unicamente a riprodurre l’esistente.

Azione e riflessione, una congiunzione indissolubile

In Freire troviamo, infine, un tentativo ancora oggi attuale e quanto mai necessario orientato a superare la tradizionale dicotomia – presente in ambito pedagogico – tra teoria e pratica. La prassi pedagogica è fondata, secondo Freire, sulla congiunzione indissolubile tra azione e riflessione, che risultano sterili o dispersive se considerate separatamente. Ciò si traduce, nel lavoro educativo, culturale e sociale di ispirazione freiriana nel continuo alternarsi di interventi concreti e di momenti di problematizzazione. In modo affine all’epistemologia lewiniana della ricerca-intervento, il tempo dell’azione è già conoscenza e quest’ultima non si dà senza una coerente attivazione nelle situazioni concrete.

I saggi per conoscere Freire

La produzione scientifica e culturale di Freire è stata assai consistente, comprendendo numerosi saggi, articoli, interventi a convegni e seminari, scritti occasionali tradotti in molte lingue del mondo, a conferma di un’ampia diffusione delle sue idee. Il testo più noto è certamente Pedagogia degli oppressi, che espone i fondamenti teorici della sua prospettiva culturale e pedagogica. A questi si affiancano Pedagogia della speranza, che rispecchia la visione pedagogica di Freire maturata in esilio, e Pedagogia dell’autonomia, che affronta le tematiche dell’insegnamento e dell’apprendimento e del ruolo dell’educatore. Questi testi contribuiscono a comporre un’ideale trilogia fondativa della proposta pedagogica freiriana.

Piergiorgio Reggio

 

 


Piergiorgio Reggio insegna all’Università Cattolica di Milano e Brescia, ed è vicepresidente dell’Istituto Paulo Freire Italia.

L’immagine dell’editoriale è una modifica dall’originale di Nefandisimo (Opera propria, CC BY-SA 4.0)

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