Editoriale

Sandro Donati, un racconto in prima persona | Introduzione a ‘Lo sport del doping’

Sandro Donati - Lo sport del doping

Da pochi giorni, sulla piattaforma Netflix, è disponibile la docuserie Il caso Alex Schwazer, sulla nota vicenda di doping che ha colpito l’atleta.

Nel documentario viene dato grande spazio al punto di vista del suo allenatore, Sandro Donati, simbolo indiscusso dello sport pulito italiano e da anni in prima linea nella lotta contro il doping.

Nel 2013 usciva per Edizioni Gruppo Abele Lo sport del doping. Chi lo subisce, chi lo combatte, uno dei libri più venduti della storia della casa editrice: nel volume Donati racconta, in prima persona, l’esperienza diretta nel campo della lotta al doping nello sport e a chi intende «la performance sportiva come un obiettivo da raggiungere a ogni costo», indipendentemente dai mezzi.

Abbiamo scelto di condividere l’introduzione, che raccoglie il manuale d’istruzioni per leggere al meglio questo libro denso e complesso.


Introduzione alla prima e alla seconda edizione di Lo sport del doping

 

Queste pagine sono nate per caso.

L’editore mi aveva proposto di scrivere un libro sul doping immaginandolo, sia lui che io, come descrizione del fenomeno e delle sue evoluzioni. Poi ho pensato ai tanti libri che sono stati scritti sull’argomento negli ultimi dieci anni da psicologi, sociologi, giornalisti, medici, ricercatori e, perfino, da generici cultori e appassionati di sport e mi sono reso conto che non c’era ragione di aggiungerne un altro all’elenco. Libri di diversa qualità che hanno affrontato i differenti aspetti del fenomeno. Che poi lo abbiano fatto bene o meno bene è relativamente importante: chi voleva leggere un libro sul doping ha avuto diverse occasioni per farlo ed è ben difficile che voglia leggerne un altro.

Dovevo decidere se provare a scrivere un buon manuale, strutturato con cura e completo dei diversi aspetti del fenomeno, oppure dare alle pagine un’anima, mettendo il lettore nella condizione di entrare dentro al problema, di viverlo nelle sue dinamiche, di parteciparvi, di emozionarsi, di schierarsi, finanche amandone o odiandone i personaggi che lo determinano. Scegliere questa seconda strada significava descrivere fatti e raccontare storie, non tratti da una navigazione sul web o dalla consultazione di una biblioteca bensì dall’esperienza diretta: la mia. Significava tornare sulla decisione che avevo preso qualche anno fa di smettere di raccontare e di conservare dentro di me lo sviluppo e il senso di trentacinque anni di lotta.

Per la verità, i primi dieci anni li avevo già raccontati nel libro Campioni senza valore, presto sparito dalle librerie, per cui lo avevano letto solo poche migliaia di persone alle quali vanno poi Lo sport del doping aggiunte quelle, recenti, che lo hanno scaricato da Internet. Ma quando ho scritto quel libro ero ingenuamente certo di riuscire a informare e sensibilizzare coloro che si occupano di sport, a cominciare dai miei colleghi allenatori e dagli atleti. Ora sono sicuro del contrario: se il doping si è così diffuso è perché sono di più coloro che intendono la performance sportiva come un obiettivo da raggiungere a ogni costo, rispetto a chi ritiene che il doping produca solo risultati apparenti e a caro prezzo. Questa convinzione mi impediva di rendere pubblica una storia dolorosa ed estenuante.

La richiesta dell’editore – alla quale avevo ormai detto sì – mi ha dunque messo nella condizione di dover decidere se imboccare la strada del normale manuale che andava ad aggiungersi alle decine che già circolano o quella, decisamente più impegnativa, di superare ogni mio dubbio e tentare di descrivere, nel modo più lineare possibile, una storia complessa e sconcertante. Alla fine ho deciso per il racconto autobiografico che, come il lettore avrà modo di constatare, aprirà, pagina dopo pagina, scenari sempre più imprevedibili e complessi.

Manuale d’istruzioni alla lettura del libro

 

Il racconto richiede solo una premessa, una istruzione per l’uso. Il termine “doping” riassume le numerose pratiche attuabili dagli atleti allo scopo di migliorare artificialmente la propria capacità di prestazione. Esse si basano o sull’assunzione di farmaci o sull’attuazione di manipolazioni fisiologiche come, ad esempio, le trasfusioni di sangue. Fin dagli anni Cinquanta, il doping è stato vietato dal sistema sportivo che, a partire dalle Olimpiadi del 1968 a Città del Messico, ha sviluppato un sistema di test sulle urine teoricamente in grado di accertare l’eventuale assunzione di farmaci doping o l’eventuale attuazione di manipolazioni fisiologiche proibite. All’inizio degli anni Duemila, alcuni Paesi – tra i quali l’Italia – si sono dotati anche di una legislazione penale anti-doping. I due sistemi sono sostanzialmente differenti: quello sportivo solitamente si distingue per la tempestività e rapidità degli interventi ma la sua efficacia è compromessa dal fatto che le istituzioni sportive esercitano il doppio e paradossale ruolo di controllori/controllati nei confronti dei propri atleti; dall’altro lato il sistema penale garantisce un’effettiva autonomia ma è estremamente lento. Complessivamente, dopo più di dieci anni di applicazione della normativa penale italiana anti-doping [1], si può ritenere che essa abbia determinato notevoli conseguenze pratiche, in particolare evidenziando l’inadeguatezza anti-doping dell’intero sistema sportivo. La costituzione, sul finire degli anni Novanta, dell’Agenzia mondiale anti-doping, che ha lavorato intensamente per favorire, nei diversi Paesi, la nascita di un’Agenzia nazionale anti-doping indipendente dal sistema sportivo, ha posto di nuovo sul tappeto il problema fondamentale dell’autonomia e indipendenza degli organismi antidoping. Sia le regolamentazioni anti-doping del sistema sportivo che le normative penali anti-doping [2]  si basano sulle liste delle sostanze e dei metodi vietati, definite e aggiornate periodicamente dall’Agenzia mondiale anti-doping. Le liste sono suddivise in otto categorie fondamentali di doping [3].

Prima di iniziare il racconto, ringrazio tutte quelle persone che, nel corso degli anni, anche solo per brevi periodi o in singoli episodi, hanno voluto condividere questa storia, aiutandomi o sostenendomi.


Introduzione alla seconda edizione

 

A queste note introduttive, scritte nel settembre 2012, aggiungo oggi, mentre viene licenziata la seconda edizione del libro, alcune considerazioni, suggerite da quanto accaduto in questi mesi.

Il libro è stato accolto con grande favore e attenzione sia da parte dei media che dal pubblico. Un fattore ha influenzato l’altro e viceversa, fino al punto da esaurire rapidamente le prime quattro ristampe. Parallelamente alle notevoli vendite, che hanno spinto il libro nei primi posti tra i saggi ad argomento sociale, sono piovuti da ogni parte d’Italia inviti per presentazioni: ad oggi più di 70 già programmate e verosimilmente destinate ad aumentare. Nelle 50 presentazioni fin qui svolte, la partecipazione del pubblico è stata davvero notevole e sempre accompagnata da uno straordinario interesse dei media locali oltreché da un grande interesse dei siti e dei blog. Questo grande e sorprendente risultato ha, a mio parere, una semplice spiegazione: il doping sta mostrando ogni giorno la sua vera, mostruosa faccia di fenomeno caotico, deformante e alienante e in tanti se ne stanno rendendo conto. Ho la sensazione che il libro venga visto da una parte crescente di sportivi come un punto di riferimento utile per riappropriarsi dello sport e rivalorizzarne le enormi potenzialità nella crescita della persona e, in particolare, nella formazione dei bambini e dei giovani.

Nei mesi trascorsi dalla prima pubblicazione mi sono stati segnalati dai lettori refusi e piccole imperfezioni che ho provveduto a eliminare. Nulla di sostanziale e nessuna volontà di modificare il testo per giustificare una seconda edizione e rilanciare le vendite. Ma, dato che tali cambiamenti obbligavano a una seconda edizione, ne ho approfittato per queste precisazioni (che rappresentano anche un feedback con i lettori) e per aggiungere all’ultimo capitolo (non per caso intitolato «Considerazioni finali di una storia senza epilogo») un paio di brevi paragrafi dedicati a due avvenimenti scelti tra i tanti che, ogni giorno, vengono rilanciati dalle agenzie di stampa. L’obiettivo è duplice: da una parte continuare ad accompagnare il lettore nella lettura critica dei fatti per cercare di coglierne il significato e, dall’altra, favorirne un’interpretazione riepilogativa che indirizzi verso una ricerca di possibili soluzioni.

Non l’ho specificato per la prima edizione, perché mi sembrava un fatto secondario e personale, ma, per rispondere ad alcune malevole illazioni, preciso che ho rinunciato a ogni diritto d’autore a favore dell’editore, che non è un soggetto qualsiasi ma un’organizzazione – il Gruppo Abele di don Luigi Ciotti – che si spende giornalmente, da anni, nel campo del sociale, non accumulando ricchezze… ma debiti, in un cammino parallelo e complementare con Libera, l’altra creatura fondata e animata da don Ciotti.

Colgo l’occasione per ringraziare i tanti soggetti che stanno sostenendo il libro favorendone la diffusione: gli enti di promozione sportiva Csi, Uisp e Us Acli, le Amministrazioni comunali, provinciali e regionali che si sono spese per promuovere iniziative e dibattiti, numerose strutture periferiche del Coni e delle Federazioni sportive che, in dissonanza con le strutture centrali prevalentemente refrattarie al cambiamento, hanno organizzato o patrocinato le presentazioni. In particolare, desidero ringraziare le numerose strutture territoriali della Federazione italiana di atletica leggera che hanno manifestato in ogni modo il loro appoggio, aiutando la mia riconciliazione almeno con la parte più reattiva di questo sport che ho amato e che ancora amo ma che mi ha, anche, fortemente deluso. Ritengo che il recupero della credibilità dello sport passi inesorabilmente attraverso il recupero della credibilità dell’atletica.

Infine, intendo dare risposta a chi ha letto ne Lo sport del doping una storia sincera e diretta ma troppo in prima persona e che vede al centro una sorta di narciso che sottovaluta e dimentica l’apporto che tante persone hanno dato a questa lotta lunga e dura contro il doping. Resto dell’idea che, purtroppo, il mio ruolo è stato determinante in molte tappe, come è stato riconosciuto e sottolineato da molti osservatori italiani e di altri Paesi. È, però, chiaro che un gran numero di persone ha fornito importanti contributi a questa lotta, in generale e anche alle parti che mi hanno visto protagonista.

Prima che il libro andasse in stampa avevo pensato di dedicarlo al dottor Pierguido Soprani, il pubblico ministero che ha sviluppato in modo magistrale l’indagine sul professor Conconi. Poi, all’ultimo momento, vi ho rinunciato accogliendo il rilievo di mia moglie secondo cui in tal modo avrei fatto un torto ai tanti altri che mi hanno aiutato. Anche senza la dedica, la gratitudine nei confronti del dottor Soprani rimane, per me, grande: con la sua intelligenza e indipendenza ha sventato mille lusinghe e tentativi di insabbiamento dell’indagine e ha così consentito di far emergere una verità giudiziaria che nessuno degli imputati ha saputo e potuto impedire, pur avendo l’opportunità di appellarsi per smentire le accuse.

Roma, 9 aprile 2013


Note

 1 Il riferimento è alla legge n. 376 del 14 dicembre 2000.

 2 Sono attualmente dotate di normative penali anti-doping la Francia, l’Italia, la Spagna, l’Austria e gli Stati Uniti. Numerosi altri Paesi come, ad esempio, la Norvegia, la Finlandia, la Svezia, il Belgio e la Danimarca, hanno invece provveduto a integrare le liste di sostanze vietate comprese nelle rispettive leggi antidroga con alcune delle sostanze utilizzabili come doping.

 3 La prima e la seconda categoria comprendono gli agenti anabolizzanti (steroidi anabolizzanti, ormoni peptidici, fattori di crescita) che vengono utilizzati allo scopo di incrementare artificialmente la forza e la potenza muscolare. La terza categoria riguarda i beta 2 agonisti anch’essi utilizzati per scopi analoghi a quelli degli agenti anabolizzanti. La quarta categoria comprende i diversi modulatori ormonali e metabolici, un insieme complesso di farmaci dai diversi effetti. La quinta categoria è riferita ai diuretici e ad altri agenti mascheranti e, in definitiva, comprende le sostanze utilizzabili per mascherare l’avvenuta assunzione di alcuni farmaci doping come, ad esempio, gli agenti anabolizzanti. La sesta, la settima e l’ottava categoria si riferiscono a metodi proibiti come, ad esempio, le diverse tipologie di doping del sangue, la manipolazione chimica o fisica dei campioni di urina attuata allo scopo di coprire o mascherare la presenza di sostanze doping e il doping genetico che costituisce un inquietante insieme di possibili pratiche basate, principalmente, sulla manipolazione genetica delle cellule muscolari.

IL LIBRO

Back to list