Editoriale

Lettera “mite” al ministro della transizione ecologica

Esimio collega,

mi permetto di chiamarla così per la comunanza di formazione scientifica in ambito fisico e di esperienza accademica. Congratulazioni per la sua nomina a ministro, e per un ministero estremamente importante quale è quello della transizione ecologica. Contando sul fatto che anche per lei do per scontato che valgano molto più fatti e argomenti che parole e proclami, provo a sottoporle alcuni problemi su cui immagino che abbia in animo di agire non appena pienamente insediato.

Abbattere i climalteranti

Sappiamo che nell’interesse generale dell’umanità e, a brevissimo, della generazione oggi adolescente, bisogna abbattere le emissioni di gas climalteranti in atmosfera, come per altro stabilito anche dall’Unione Europea. Non so cosa ne pensi, ma mi colpisce il fatto che in materia si facciano molti discorsi e pochissimi fatti, soprattutto poche misurazioni. Non ritiene sarebbe il caso:

a. di stabilire l’obbligo di accompagnare ogni progetto, sia pubblico che privato, con una valutazione a priori del ciclo del carbonio, tanto in fase di cantiere che nel medio-lungo termine, valutazione da monitorare concretamente con continuità? E non ritiene che una tale valutazione dovrebbe essere effettuata non dai proponenti ma da soggetti terzi qualificati?

b. Non sarebbe il caso di escludere per legge il finanziamento di opere la cui realizzazione comporti da qui al 2030 un aumento delle emissioni in atmosfera di CO2 o gas equivalenti?

Piccoli impianti vs. grandi produttori

Non vorrei apparire come un tipico frequentatore del bar sport, prodigo di consigli per il commissario tecnico della nazionale, ma immagino che molte riflessioni già le stia facendo riguardo alla indispensabile riconversione energetica. Senza entrare qui nel merito degli essenziali sviluppi tecnologici da perseguire, sbaglio se osservo che una grande rete interconnessa risulta molto più stabile quando contiene tanti piccoli nodi attivi, piuttosto che poche grandi o grandissime centrali?

Insomma, la produzione diffusa di energia da piccoli impianti che utilizzano fonti rinnovabili sembrerebbe più conveniente e sicura di quella basata su poche grandi centrali: non è così? Converrebbe, insomma, lasciare le grandi centrali di riserva e promuovere la piccola produzione distribuita. Tanto più che così facendo si offrirebbero anche più opportunità di lavoro stabile, sempre che io non dica sciocchezze.

Mi rendo conto che questa linea non è congruente con la politica dei grandi operatori, il cui obiettivo è la massimizzazione del profitto più che la stabilità e sostenibilità del sistema a lungo termine, ma è inevitabile che i cambiamenti veri comportino resistenze da parte di coloro che traggono vantaggi immediati dalla situazione in essere: un governo sollecito dell’interesse generale saprà come cavarsi d’impiccio.

Ce lo chiede l’Europa

Sempre in tema di energia, lei saprà perfettamente che l’Italia deve, entro il 30 giugno di quest’anno, convertire in legge la direttiva europea RED II che si riferisce, tra l’altro, anche alle Comunità dell’Energia, che vanno proprio nella direzione della (auto)produzione distribuita. Immagino che i suoi uffici, oltre che gli organi parlamentari, stiano già lavorando per definire un provvedimento che superi l’attuale articolo 42bis della legge 8/2020, che ha carattere transitorio. La normativa in essere pare, almeno a me, alquanto farraginosa e a volte contraddittoria: sotto il nome di Comunità Rinnovabili, più che delle vere comunità che si autogovernano, sembra che si promuovano delle aggregazioni burocratiche di singoli utenti energetici sostanzialmente indipendenti lasciati ad un confronto disuguale coi grandi operatori del settore.

Ingenuamente direi che sarebbe il caso di redigere una sorta di testo unico delle norme relative alle comunità in particolare e all’energia in generale che chiarisse, ad esempio, la natura giuridica dell’ente “Comunità Energetica” e che mettesse ordine tra le numerose norme che, per lo più indirettamente, regolano in maniera contraddittoria ad esempio il regime degli incentivi, o quello delle autorizzazioni. Particolarmente importante sarebbe chiarire la portata dell’azione delle amministrazioni comunali in materia: attualmente esse sono per lo più semiparalizzate dalle divergenti interpretazioni, impantanate in pratiche che rendono ogni passaggio estremamente lento e poco efficace, incentivate più all’inazione che all’assunzione di responsabilità.

Non so se sia soltanto una mia sensazione, ma, in materia di energia, trovo che la parte più difficile non sia quella tecnico-scientifica, ma quella burocratica (dietro cui si intravedono interessi consolidati a mantenere un disastroso status quo). Lei che ne dice?

La transizione ecologica non è facile

Sono tantissimi gli argomenti connessi con la transizione ecologica e certamente non è facile mettervi mano. D’altra parte, mi perdoni la battuta, se fosse facile governare sarebbero capaci tutti…

Sarebbe però il caso di istituire dei luoghi e dei momenti in cui soggetti competenti (e nei limiti del possibile svincolati da interessi aggregati particolari) potessero istituzionalmente e pubblicamente confrontarsi nel merito, sulla base di argomenti anche scientifici, riguardo al da farsi e al tipo di soluzioni da perseguire o viceversa da scartare. Non lo riterrebbe utile? Anche per evitare ingenue semplificazioni, come magari la presente, e per svuotare la retorica di coloro che sono sempre disponibili a cambiare tutto purché nulla cambi.

Distinti saluti

Angelo Tartaglia

PER APPROFONDIRE

Angelo Tartaglia è stato professore di Fisica presso la Facoltà di Ingegneria del Politecnico di Torino, ed è membro dell’Istituto Nazionale di Astrofisica. Ha esteso i suoi studi ai problemi dell’energia, dei modelli di sviluppo, della pace e del disarmo. Si occupa di impatto delle attività umane sull’ambiente.

Per Edizioni Gruppo Abele ha pubblicato nel 2020 una lettera aperta al presidente del consiglio dei ministri italiano sui temi del clima, dell’ambiente e della transizione ecologica: Clima. lettera di un fisico alla politica.

Clima. Lettera di un fisico alla politica
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