Editoriale

Giorno della memoria 2022: «Meditate che questo è stato»

Questo biglietto fu consegnato dai nazisti agli ebrei da arrestare durante il rastrellamento del ghetto di Roma il 16 ottobre 1943 – e un suo originale è conservato presso la Fondazione Museo della Shoah:

Era sabato, giorno festivo per gli ebrei, scelto apposta dai nazisti per poterne sorprendere a casa il maggior numero possibile.

Leggendolo, come possiamo non chiederci cosa avremmo provato se, alle 5 del mattino di un qualunque giorno di festa, ci fosse stato messo questo biglietto fra le mani? Se avessimo capito che poco dopo saremmo stati costretti a salire su un camion dalle SS con il fucile spianato? Come avremmo scelto e fatto scegliere ai nostri familiari, in venti minuti, cosa portare con noi, verso una destinazione che non conoscevamo?

Erano 1022. Tornarono in 16

Il foglietto, scritto in un cattivo italiano, in tono spicciativo e quasi burocratico, ci fa anche pensare a quelle mani che lo strinsero con disperazione, prima di affrettarsi a compiere le crudeli operazioni richieste. Sappiamo che quasi tutte le persone a cui appartenevano quelle mani non sarebbero mai più tornate alle loro case, nella città in cui il loro popolo viveva ormai da secoli.

Gli ebrei rastrellati nel ghetto e in altre parti di Roma – dopo essere stati rinchiusi nel Collegio Militare – salirono il 18 ottobre su convogli che partirono dalla stazione Tiburtina, come ci informa un’asciutta e distaccata comunicazione del Ministero dell’Interno:

Nr. 190906. Oggi alle 14 è partito dalla Stazione Tiburtina treno DDA con 28 carri di ebrei (mille circa) fra donne, bambini et uomini diretto al Brennero. Nessun incidente.

Erano 1022. Tornarono in 16. Una sola donna, nessun bambino.

La destinazione di quei 28 carri, partiti senza “incidenti”, aveva un nome che oggi è divenuto simbolo della deportazione e dello sterminio: Auschwitz.

Il giorno della memoria, 77 anni dopo

Sono passati esattamente 77 anni da quel 27 gennaio del 1945, giorno in cui la prima avanguardia russa raggiunse, verso mezzogiorno, i cancelli di Auschwitz. I tedeschi avevano abbandonato il campo trascinando con sé circa 80.000 deportati nella marcia della morte verso Wodzislaw. Così, all’inizio della Tregua, Primo Levi descrive l’incontro con i soldati dell’Armata Rossa:

«Erano quattro giovani soldati a cavallo, che procedevano guardinghi, coi mitragliatori imbracciati, lungo la strada che limitava il campo. Quando giunsero ai reticolati, sostarono a guardare, scambiandosi parole brevi e timide, e volgendo sguardi legati a uno strano imbarazzo sui cadaveri scomposti, sulle baracche sconquassate, e su noi pochi vivi».

Da più di venti anni, nel nostro Paese – alcuni anni prima che l’Assemblea generale delle Nazioni Unite votasse un’apposita risoluzione – il 27 gennaio è divenuto il Giorno della Memoria. Una data che è frutto di una scelta compiuta non senza difficoltà.

Furio Colombo, primo firmatario della proposta di legge, aveva inizialmente individuato il 16 ottobre, cioè proprio la data della razzia nel ghetto di Roma e della prima grande deportazione dal territorio italiano; gli ex-deportati politici avrebbero preferito il 5 maggio, giorno della liberazione di Mauthausen, dove tanti di loro avevano perduto la vita. Si giunse poi, il 20 gennaio 2000, alla presentazione di una proposta di legge che sceglieva la data della liberazione di Auschwitz e fu votata dal Parlamento con emendamenti solo marginali. Il testo della legge non lascia dubbi sulla sua finalità:

La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonchè coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.
Legge 211/00, articolo 1

Il compito del Giorno della Memoria è, quindi, quello di ricordare tutte e tutti coloro che furono deportati dai nazisti e tutte e tutti coloro che si opposero al progetto di sterminio. Anche se talvolta, soprattutto i media, sembrano dimenticare questa indicazione e ricordano solo la deportazione ebraica. Il che non è giusto, neppure per gli ebrei.

Nelle scuole

La legge prevede che siano organizzati incontri, cerimonie, iniziative, in modo particolare nelle scuole (come indica la stessa legge 211 nell’articolo 2). Fino a qualche anno fa, in queste occasioni abbiamo avuto un’opportunità eccezionale: incontrare i sopravvissuti e le sopravvissute alla barbarie nazista, ascoltare la loro testimonianza. Quelle pochissime persone vive, che ad Auschwitz e in tanti altri campi e sottocampi, riuscirono a vedere il momento della liberazione e a sopravvivere – non dimentichiamo che una parte di quei pochi morì nei giorni successivi – si sono assunte, con coraggio e sofferenza, il difficilissimo compito di testimoniare, soprattutto nelle scuole, quanto era avvenuto dietro il filo spinato dei lager di cui i nazisti avevano cosparso il territorio europeo. Oggi purtroppo sono ormai pochissime e la loro presenza fra gli studenti diviene sempre più difficile.

Passare il testimone

Per coloro che si sono assunti il compito di raccogliere il testimone di chi ha tanto lavorato per dare una memoria al nostro futuro si è aperto un periodo molto complesso. Si tratta ora di fare ricorso ai documenti, alle fotografie, alle registrazioni, ai video, a tutti gli strumenti della conoscenza, per cercare di spiegare con cura, con precisione, senza retorica, quanto è accaduto. Occorre suscitare qualcosa di ben più profondo e duraturo di una semplice reazione emotiva. Occorre spiegare, discutere, accettare tutte le domande, anche le più difficili.

È un lavoro difficilissimo, ma non impossibile, soprattutto se si tengono a mente le parole di Primo Levi: «Meditate che questo è stato».

Il Giorno della Memoria deve aiutare a meditare in tutti i giorni dell’anno.

Maria Chiara Acciarini


 

Maria Chiara Acciarini è stata insegnante e preside scolastica, eletta deputata nel 1996 e senatrice nel 2001. Nipote di Filippo Acciarini, giornalista socialista morto a Mauthausen il 2 marzo 1945, è da sempre impegnata nello studio della deportazione nei campi di concentramento nazisti. È membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione della Memoria della Deportazione e del Comitato Tecnico Scientifico della Presidenza del Consiglio dei Ministri per la realizzazione del nuovo memoriale italiano ad Auschwitz. Dal 2019 è presidente del Comitato Nazionale per le celebrazioni del centenario della nascita di Bianca Guidetti Serra.

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