«In Italia non c’è nessun pericolo fascista».
E ancora: «In Italia non c’è alcuna deriva violenta o autoritaria»
Intervistato a Mattino 5, il ministro dell’istruzione Giuseppe Valditara prova inizialmente a vestire i panni di Pangloss, il personaggio del celebre romanzo di Voltaire Candido o dell’ottimismo, che sostiene di vivere nel migliore dei mondi possibili.
Ma in questo roseo orizzonte, illuminato dall’amore per la patria e dalla nobile difesa dei suoi confini, c’è qualcosa che turba la serenità del ministro: la circolare che la preside del liceo scientifico Leonardo da Vinci di Firenze ha indirizzato agli studenti e, per conoscenza, anche ai loro genitori e alle lavoratrici e lavoratori della scuola che dirige, per commentare un fatto assai grave avvenuto nelle vicinanze di un altro istituto della sua città.
Che cosa è accaduto?
La mattina del 18 febbraio, di fronte al liceo classico Michelangiolo, due ragazzi appartenenti al Collettivo Sum (Studenti Uniti Michelangiolo) sono stati aggrediti e picchiati da militanti del movimento di estrema destra Azione Studentesca. Di tutta la vicenda, documentata anche da video che mostrano l’accanimento degli aggressori, si stanno occupando la Digos e la magistratura, che indaga per violenza privata aggravata. Sei i fermati, di cui tre minorenni.
Tutto ciò avrebbe dovuto spingere il ministro ad avere qualche dubbio circa la sua convinzione di vivere in un paese che non conosce fascismo e violenza? Forse il fatto avrebbe potuto indurlo a manifestare preoccupazione e, addirittura, a inviare un messaggio di solidarietà ai ragazzi oggetto del pestaggio?
La risposta è no.
Contro l’indifferenza
Valditara s’inquieta molto, invece, per la circolare che la preside Annalisa Savino ha rivolto alla comunità scolastica del Leonardo da Vinci per ricordare quanto sia importante reagire di fronte a episodi di violenza. E, nel farlo, si è anche permessa di sottolineare che:
«Il fascismo in Italia non è nato con le grandi adunate di migliaia di persone. È nato ai bordi di un marciapiede qualunque, con la vittima di un pestaggio per motivi politici che è stata lasciata a sé stessa da passanti indifferenti».
Ha citato Gramsci e le sue celebri parole, tradotte ormai in tante lingue del mondo: “Odio gli indifferenti”. Per poi concludere il suo messaggio in modo chiaro e costruttivo:
«Nei periodi di incertezza, di sfiducia collettiva nelle istituzioni, di sguardo ripiegato dentro al proprio recinto, abbiamo tutti bisogno di avere fiducia nel futuro e di aprirci al mondo, condannando sempre la violenza e la prepotenza».
Si tratta di un inequivocabile messaggio educativo, che invita all’impegno e alla condivisione dei valori della Costituzione. La preside ha fatto il suo dovere e il ministro dell’Istruzione avrebbe dovuto addirittura prenderne positivamente atto. Valditara, al contrario, turbato da questa brusca irruzione nella sua visione onirica della situazione italiana, ha definito la lettera “impropria” e l’ha considerata inquietante segno di “una politicizzazione che auspico non abbia più posto nella scuola”. Ma il ministro non si è fermato qui, e ha aggiunto parole gravi e minacciose, tipiche di un superiore gerarchico autoritario: “Se l’atteggiamento dovesse persistere vedremo se sarà necessario prendere misure”.
Insomma, Valditara invece di valorizzare l’intento educativo della preside – anche interloquendo dialetticamente sul contenuto della lettera – ha pensato bene di farle sapere che è sotto osservazione. Che stia attenta, altrimenti…
Art. 33: L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento
A questo punto sorge un legittimo dubbio: il ministro sa che esiste la libertà d’insegnamento? Ha letto almeno la prima riga dell’articolo 33 della Costituzione, su cui pure ha giurato davanti al Presidente della Repubblica? Conosce lo stato giuridico del docente e il contenuto dell’art. 1 del Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione, che garantisce gli insegnanti contro ogni costrizione e condizionamento da parte dei pubblici poteri?
Valditara è divenuto ministro dell’Istruzione da poco ma è, tra l’altro, un docente universitario. Questi principi dovrebbero essergli più che noti e la sua cultura giuridica avrebbe dovuto aiutarlo a comprendere che l’accusa di “politicizzazione” rivolta alla professoressa Savino è in aperto contrasto con le successive parole del Testo Unico, che spiega: “L’esercizio di tale libertà è inteso a promuovere attraverso un confronto delle posizioni culturali la formazione della personalità degli alunni. Tale azione è attuata nel rispetto della coscienza morale e civile degli alunni stessi”.
Siamo in tanti ad amare la democrazia
Ministro, si rassegni: vive in un paese in cui le posizioni culturali si devono confrontare. Liberamente e civilmente. Perché lo dicono la Costituzione e le leggi. La sua parafrasi del monito “Qui non si fa politica, qui si lavora” non è accettabile nella scuola della Repubblica nata dalla Resistenza. E, infatti, le sue parole hanno suscitato una reazione ferma non solo dei partiti di opposizione, ma anche di consigli di istituto, di collegi dei docenti, di sindacati, di associazioni professionali e culturali, nonché di molti docenti universitari suoi colleghi. Abbandoni l’angusta idea di una scuola in cui gli studenti non sono educati a ragionare e non sono invitati a riflettere su atti di violenza che si sono svolti a pochi passi da loro.
Ministro, non si arrampichi sugli specchi dicendo che ha parlato di “misure” e non di sanzioni. Le “misure” cominci a prenderle verso sé stesso e ammetta di avere sbagliato. Chieda scusa. Innanzitutto alla preside Savino e agli studenti, che non meritano di essere chiusi in una bolla apolitica da cui uscire ogni tanto per affrontarsi a calci e pugni.
Siamo in tanti ad amare la democrazia e a sapere quanto ci è costato riconquistarla, dopo il ventennio fascista e la guerra iniziata accanto a un mostruoso alleato. I passi indietro non sono ammessi e sono particolarmente gravi quando sono compiuti da chi svolge una funzione pubblica e ha giurato sulla Costituzione.
Maria Chiara Acciarini
Maria Chiara Acciarini, già insegnante e preside nella scuola superiore, si occupa di politica, scuola e diritto allo studio da circa trent’anni. È stata parlamentare e sottosegretaria al Ministero della famiglia durante il II Governo Prodi; ha fatto parte della segreteria Cgil Scuola di Torino. Per Edizioni Gruppo Abele è autrice, insieme ad Alba Sasso, del saggio Più scuola, per tutte e tutti (2019). La foto di copertina è di cottonbro studio, in licenza Creative Commons.